Mamacita

Maracay, Aprile 2515

È tutto il giorno che gira per la nave con quel sorriso assurdo stampato sulla faccia, come se tutto andasse bene, tutto fosse normale, come se Sep non fosse barricata nella sua cabina, impegnata probabilmente a considerarla una schifosa, insensibile trafficante di infanti; come se il gruppo non fosse diviso, sulle decisioni prese; come se Len non fosse in procinto di essere affidata a gente che indossa gli stessi colori di chi l'ha massacrata di botte; come se Sam non fosse lontano parsec e in pericolo per lo stesso fatto di collaborare con loro; come se fosse convinta che fidarsi di Sam e fidarsi dei suoi compagni e dei suoi superiori fosse esattamente la stessa cosa; come se Andre fosse lì, e fosse certa che non la detesti; come se non si sentisse dannatamente sola, in tutto l'universo.

Stanno aspettando di poter andare al rifugio, e Jorge è più sbrigativo e serio dell'usuale.
"Y no les sube a la cabeza de alejarse dal gruppo. Si va insieme, vale?" sta intimando nell'intercom, in piedi nei pressi della poltrona di pilotaggio, rivolto a tutti quanti. A terra ha senz'altro rilevato il comando, per il bene comune.

Kraviz lo osserva dalla porta aperta della plancia, appoggiata allo stipite, e il sorriso è svanito, ha tolto la maschera, come le succede solo con le persone che avverte vicine, in qualche modo.
"Posso?" domanda al pilota. Difficile che si stia riferendo all'entrare in plancia, praticamente il suo vero nido, visto che la cabina la usa di fatto quasi solo per dormire. L'altro si volta e le lancia un'occhiata perplessa, sollevando le sopracciglia. Lei gli si avvicina e si ferma a un passo.
Silenzio, che già è un macigno di per sé, peggiorato dall'espressione della pilota, così innaturale sul suo viso.
"Mamacita, ho bisogno di un abbraccio" mormora.
Lui la guarda un istante, poi sorride di quell'appellativo e allarga le braccia.
"Anda, nena, vieni qui. Todo saldrá bien, verás. Andrà tutto bene. Esta noche les llevo a bailar".
Non capisce la metà di quello che dice, ma la voce calda e le braccia salde di un uomo, la tenerezza di una madre, sono tutto quello che le serve, ora. Resta così a farsi cullare qualche istante, gli occhi chiusi, ad aggrapparsi a quel barlume momentaneo di famiglia che si è costruita così, sul momento, poi si discosta. Un lieve sorriso, il carico un poco più leggero.
Nel guardarlo in viso si morde il labbro e si volta rapidamente. Le lacrime sono una cosa privata, anche quelle che affiorano appena a inumidire gli occhi.


Posted by Me | alle 19:42

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