Innocent Blood

New Washington, Settembre 2499

"Randall..." la voce chiama, impostata, il tono che si dedica ai propri sottoposti, con una vena noncurante, mentre le dita dalle unghie laccate corrono sui tasti impostando una rotta che man mano viene visualizzata anche sugli altri monitor della plancia del Southern Cross paterno. È una rotta diversa da quella concordata, cosa di cui l'uomo, esperto pilota, si sta rapidamente rendendo conto.
"Come vedi..." ruota la poltrona e lo fronteggia, con quel sorriso sicuro di sé, fin troppo sicuro per una ragazza di nemmeno 20 anni "Non andiamo a Tanpei, ma a Seven Falls. Degli amici ci aspettano lì"
"Miss Willington, suo padre verificherà il percorso nella memoria della strumentazione, lo fa sempre"
"Ho pensato anche a questo, uno dei nostri amici è in grado di modificarlo" continua a sorridere, mentre si alza.
"Non posso permetterlo, Miss. Andremo a Tanpei"
È un lampo di cupa indignazione quello che scurisce gli occhi verdi, delineati dal trucco abbondante ma mai eccessivo.
"Cosa hai detto?"
"Ho detto che non posso permetterlo. Sono incaricato di seguirla per garantire la sua sicurezza, Miss, e Seven Falls non è un luogo adeguato a tre signorine della vostra estrazione, specie in compagnia di persone sconosciute e all'insaputa dei vostri genitori"
"Tu sei incaricato di garantire la mia sicurezza in volo, Randall. Quello che faccio altrove sono solo affari miei, e non devi immischiarti" termina dura, malgrado il tono mellifluo e l'accennato sorriso con cui aveva iniziato.
"Io sono incaricato di garantire la sua sicurezza a tutti i livelli, Miss. E in ogni caso non mentirei a suo padre"
Il viso della ragazza ha un'impercettibile contrazione, quasi fiutasse l'impossibilità di convincere quell'uomo, al servizio della sua famiglia da prima della sua venuta al mondo.
Torna a un sorriso lieve, solleva il mento, e attinge alle capacità che sta acquisendo pian piano. Sono ormai due anni che studia per entrare alla Shouye e l'arte della seduzione rientra tra le materie d'insegnamento.
"Sei... Sicuro che non ci sia niente che io possa fare, per convincerti?" la voce è cambiata, è ora vellutata, suadente ma senza eccessi, una carezza di una lascivia tangibile quanto ineffabile, mentre gli occhi cercano brecce nei suoi. L'uomo serra i denti e distoglie lo sguardo, che si incupisce.
"La smetta Miss" lo dice a voce bassa, mentre lei si va avvicinando lentamente.
"Sembri così teso... Lavori troppo probabilmente. Magari un bel massaggio..." si avvicina ancora, lui inizia a percepire il suo profumo e la guarda ora negli occhi, mostrandole tutta la sua determinazione e tutte le sue debolezze, suo malgrado.
"Su. Rilassati" l'uomo sta indietreggiando, senza nemmeno rendersene conto, quando vede la sua mano sollevarsi e andargli a sfiorare il viso, il collo. È del tutto inaspettata per lei la morsa che repentina va a serrarle il polso "Le ho detto di smetterla!".
Sono due braci gli occhi che si ritrova nei suoi mentre il pilota le ringhia quelle parole. Per la prima volta ha davanti l'uomo, non il dipendente paterno. Il suo sguardo ha un guizzo, dapprima di sorpresa e smarrimento, ma è solo un istante, quello che sale è rabbia e disprezzo, e allo sguardo di acciaio incandescente ne oppone uno di gelida ossidiana, che si tinge di trionfo, il sorriso piega lentamente le labbra, quando lo vede impallidire al suono della stoffa che si lacera. Un abito da centinaia di dollari strappato senza esitazione, la carne giovane esposta. L'uomo non fa in tempo a lasciare incredulo il suo braccio come se scottasse, che lei ha dato inizio alla sua esibizione.

Le grida e il pianto disperato che segue richiamano immediatamente nella plancia le due amiche della ragazza e i pochi membri dell'equipaggio che stavano caricando i bagagli, la scena appare eloquente, l'uomo è ancora sotto shock, balbetta qualche difesa, Babette è tremante e stravolta. Fa in tempo ad azzerare le rotte impostate, in un attimo in cui nessuno la guarda, prima di scendere dalla nave.

Il giorno dopo Randall Grady viene licenziato e denunciato per tentata violenza.

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Novembre 2499
[Holonews]

Ed è morto oggi suicida il quarantaduenne Randall Grady. Si era appena concluso il processo che vedeva la sua condanna per aggressione e tentata violenza ai danni della giovane Babette Willington, figlia di Donald Willington e con un futuro di Accompagnatrice nella Shouye di New London. È bastato un attimo di distrazione della guardia che lo scortava. Grady è riuscito a sfilargli l'arma dalla fondina, tenere a bada i presenti, e infine fare fuoco su sé stesso. Miss Willington, presente al processo, ha avuto un malore ed è stata condotta via da un'eliambulanza. L'uomo, che si è sempre professato innocente, lascia moglie e tre figli.

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Fu l'ultima occasione in cui Babette Willington fu in grado di mentire in modo convincente.

Posted by Me | alle 11:42 | 0 commenti

"I'm so glad to see you again"

New Melbourne, Maggio 2515


Perfetto. Sono ancora qui.
Quello che non ci uccide ci rende più forti, giusto?
Ora ho attraversato anche il suo disgusto, la sua asprezza. E so che posso sopportarli. Sono ancora tutta intera.

Non so definirlo, ma quel filo sottile che una volta sentivo che ci legava si è spezzato. Del resto era sottile e niente è per sempre. Il tempo ha scavato un solco tra di noi, o forse una trincea. Era contento di rivedermi. Si è lasciato abbracciare. Si è lasciato prendere la mano. Ha ascoltato, con l'aria di chi non capisca, di chi aspetti un dunque che non arriva. Il Sam che parla di sé, che guarda il cielo, che chiede aiuto, quello non c'è più. C'è quello che sorride, che ride, che si preoccupa per gli altri. Quello c'è ancora, ed era ciò che più mi importava di vedere, il resto non ha importanza.

Parliamo lingue diverse. Molto diverse. E la mia purtroppo puzza ancora di Core, e forse lo farà sempre, ma non posso farci niente, sono questo. Forse era quello che volevo che sapesse. E forse l'ha presa come sapevo l'avrebbe presa. E forse era quello che volevo, per vedere se potevo sopravvivere. L'ho fatto.


"Ti ritieni una persona schifosa? Cambia, o muori nella vergogna."


È quello che ho fatto più volte, nella mia vita. Entrambe le cose, ma non credo nel cambiamento autoimposto. E qualsiasi cambiamento non cancella il passato. Quello resta e lascia segni indelebili. È per questo che non cerco assoluzione. 


"Io non ti assolverò, Kraviz, nè mi taglierò fuori dalla tua vita per evitarti la vergogna, qualsiasi siano i motivi per cui la provi."


Non è certo fuori di me, la vergogna che provo, è radicata bene in fondo, e non sarà la presenza o assenza di una persona, fosse pure Sam Hale, a cambiare le cose. Né la sua assoluzione potrebbe fare nulla. Nessuna assoluzione cancella quello che si è e quello che si è stati. Forse morirò e cambierò ancora, e forse dovrò uccidere ancora degli innocenti, prima che succeda, o vedere ancora la morte di qualcuno che amo. Ma sono cose che avvengono, non cose che si possono far accadere con la semplice volontà, non è così facile. Almeno non per me, non lo è mai stato.


"Allo stesso modo il Rim non sparirà per evitarvi la vergogna di quello che avete fatto. Ho usato il plurale apposta, in questo momento."


Eccola. La trincea. E io sono di qua, con un bersaglio vivido disegnato sulla fronte, o intorno al cuore. Ha una buona mira, Sam Hale.




Posted by Me | alle 08:28 | 0 commenti

Dust

 New Melbourne, Maggio 2515

La porta cigola piano, mentre la luce di Polaris disegna una lama allungata sul pavimento rossiccio di mattoni irregolari. Si ferma sulla soglia. Non è la prima volta che torna, da quando se n'è andata, ma non si è mai soffermata in casa. Le due volte precedenti è sempre andata diretta nello studio di Ren, per prendere i quadri da vendere e andarsene, senza neanche guardarsi intorno. Stavolta invece deve, e le sembra di non riuscire a respirare spontaneamente.
Quel poco di sabbia sottile filtrato sotto la porta la sente sotto i piedi mentre entra lentamente, quasi quelle pareti potessero stringerlesi addosso e soffocarla, all'improviso. Sono pareti di calce imbiancata, pochi mobili poveri, colorati, coperti da uno strato consistente di polvere immobile. La stessa polvere che danza davanti ai coni di luce che filtrano dai rombi intagliati negli scuri. Raggiunge la finestra, la apre, spalanca le persiane. È tutto in perfetto ordine. La polvere che ricopre ogni superficie sembra un velo steso a preservare ogni cosa invariata. C'è un divano, un tavolo, dei quadri alle pareti; alcuni sono degli originali, di amici di Ren, altri delle copie perfette di autori importanti, poche persone nel Verse sarebbero in grado di identificarli come dei falsi. Pochi soprammobili. Un portacenere scheggiato, un vaso da fiori in ceramica verde, vuoto, una foto incorniciata, l'unica presente in tutta casa, che vede lei e Ren sulla spiaggia, felici. Per il resto nulla che parli di loro, a parte i rispettivi vestiti, ancora ordinatamente appesi nell'armadio dalle ante colorate che occupa tutta la parete della camera da letto. Anche lì gli scuri sono chiusi e solo due fasci di luce filtrano dalle decorazioni intagliate. Il letto, semplice, è accuratamente rifatto. Non apre la finestra, non fa entrare luce, esce richiudendo la porta e se ne va. Harvey la sta aspettando da qualche parte.

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Switched Off

 Virgen del Rosario, Maggio 2515 

"Non ti faccio da balia, ci copriamo le spalle, è diverso."

 Ci sto provando, Sam. 
Maledizione ci sto provando. Ma è dannatamente difficile. 
Non posso fare niente, assolutamente niente, per proteggerti da questo. E da niente altro. Ci provo, ci provo disperatamente, ogni volta.
E ora questo. Ho fatto quello che potevo, ma non è bastato. Non basterà. Quel colpo arriverà, io lo so, l'ho visto partire, ho tentato di fermarlo, ma arriverà lo stesso, perché non ci sarò riuscita.
Forse dovrei avvisarti. Ma so già che non ne sarò capace. Va oltre il mio compito. Oltre quello che ho diritto di essere, fra voi.
E non so se sarà un colpo mortale, se raggiungerà organi vitali, o se affonderà dolorosamente lasciandoti in grado di continuare come sempre. Questo non lo so.
Ma mi sento terribilmente impotente. Sento di mancare al nostro patto, senza poter fare assolutamente niente per mantenere quella parola mai data espressamente, ma che porto dentro, impressa a fuoco.

Come sta lei... No, non mi interessa come sta lei. 

Non se sull'altro piatto della stessa bilancia c'è Sam Hale.



Posted by Me | alle 02:03 | 0 commenti

Whiskey and Men

Greenfield, Maggio 2515

Stavo per farlo di nuovo, accidenti. Portarmi a letto uno sconosciuto. Erano mesi, parecchi mesi, che non capitava. Eppure avevo evitato di proposito di bere in un saloon. Ossia, non posso esserne certa, che sarebbe successo, ma certo che l'andazzo era quello, almeno dal poco che riesco a ricordare. Fortuna che è arrivato André. Con lui è diverso. Di lui mi fido. Lui è vento tiepido, passa, accarezza, ma non intende restare. Né potrebbe venirmi mai la tentazione di rinchiuderlo. André, il Profeta. Lui è l'Amore. Nel suo senso più vasto, vario, profondo e ineffabile. Come si potrebbe pensare mai di tenerlo per sé? Sep mi ha chiesto se mi piace. Sì, certo che mi piace. Ho ancora l'odore della sua pelle impresso nella memoria. Ma credo che non se ne fosse mai andato. Mi dà i brividi. E pensare che credevo di essermelo immaginato.
Detesto non ricordare niente. Anche se ormai so che non c'è niente da ricordare.
Chissà cosa sarebbe capace di dirmi Maya, se lo sapesse...  
Ma a me sarebbe piaciuto ricordare anche questo.

Posted by Me | alle 17:10 | 0 commenti

Has the Warmth Gone Forever?

Hall Point, Maggio 2515

"Non cambiare Sam. Non farlo. Nemmeno per un ideale"
"Non lo farò. E' anche per non cambiare quello che sono
che sto facendo quello che sto facendo
"


Dov'è finito? Il calore dei suoi occhi scuri, del suo sorriso. Della sua sollecitudine nell'aiutare chiunque fosse in difficoltà... Il calore della sua voce.
Da questa distanza non lo sento più, l'ho perso. Ho solo il terrore che l'abbia perso anche lui. Soffocato in quell'ossessione che ormai permea ogni suo discorso, ogni suo pensiero.
Sento non il desiderio, ma la necessità di incontrarlo, di guardarlo in faccia, di vedere con i miei occhi, se c'è ancora lo stesso Sam di allora.
Non cambiare. Non cambierò.
Sapevo che era impossibile, forse lo sapevamo entrambi. Forse proprio questo mi spinse a chiederglielo. 

Eppure no, spero che non sia così, che sia solo stanchezza, la lontananza, la distanza che ormai c'è tra noi. Non possono aver ucciso SamHale. Sarebbe il crimine peggiore che questo schifo di Verse potesse fare.




Posted by Me | alle 22:18 | 0 commenti

Mistrust

 Virgen del Rosario, Hall Point, 2515


È questo che siamo. Agli occhi di tutti. Di tutti loro. Dei mostri che non esitano a dare una ragazzina in mano ai suoi aguzzini. Questo pensano di noi. E non uno di loro che sappia dire come avremmo potuto salvarla, se non in questo modo. Tutti bravissimi a incazzarsi, a trattarci come se l'avessimo venduta a Olson e peggio. Nessuna fiducia, nessuna comprensione, da nessuno di loro. Certo, sarebbe stato molto meglio tenercela e far ammazzare lei e noi. O darla in mano agli Alleati, a farla spremere come un frutto maturo, per cavarle ogni informazione possibile, o trovarle una famiglia chissà dove, che sarebbe stata in pericolo pochi giorni dopo, con le informazioni pressoché nulle che abbiamo... Ma certo. Abbiamo giocato con la vita di una ragazzina. L'abbiamo venduta senza ricavarne un soldo. Ce ne siamo fregati.
Fanculo.




Posted by Me | alle 13:33 | 0 commenti

“Rimaniamo in contatto, ok?”

 Virgen del Rosario, Maggio 2515

Sono passati ormai parecchi giorni da quando abbiamo lasciato la bambina ai Browns. Sam non si è più fatto sentire. Ed è meglio così, non l'ho chiamato neanche io, non voglio saperne più niente di quella bambina, capitolo chiuso.
Ma del resto erano già altrettanti giorni e più, che non ci sentivamo, e altrettanti e più ancora che non era lui a cercarmi.
Sam non ha più bisogno di me. Da tempo, da tanto tempo. Finalmente l'ho capito anche io. E non so se ne abbia mai avuto, ma forse sì, almeno un poco. Ora ha trovato sé stesso e ha trovato una famiglia. L'ho visto. Ho visto come ci parlava, come li guardava. La ragazza zoppa, il ragazzino. Scommetterei che si è messo a fare il padre, anche con loro. Come diceva Oxossi? "È nella sua natura. È un padre, e un soldato". Ha trovato la sua dimensione. Sono molto uniti.
E noi? Noi cosa siamo? Troppo distanti, e troppo diversi, sparpagliati per il Verse a fare cose. Noi non abbiamo un ideale a unirci, un nemico comune a rinsaldare il legame, la morte sempre alla porta, a tenerci insieme e a ricordarci cosa è davvero importante.
Forse solo per Andre, per Jorge e per Occhiverdi i Ravens sono qualcosa di più di un gruppo di lavoro. Per me no. Anche per me è qualcosa in più. Credo di aver deciso di unirmi all'equipaggio di Oxossi, io che da anni rifuggo qualsiasi legame, proprio per lui, per poter fare quello che lui non poteva, per stare vicino a Occhiverdi, aiutarlo in sua assenza. Cris ovviamente non lo sa, né è necessario che lo sappia, va bene così, lavoro per lui.
Sono qui, vado avanti, faccio il mio lavoro, accanto a Septima che non è mai stata più distante, a Stanton che tiene il muso da giorni, Andre che va e viene, come un vento tiepido, Occhiverdi sempre lontano, Isa che solida si tiene caparbiamente in quota, sgomita il suo spazio, il più possibile lontana dal posto che l'ha vista nascere, Tsvet col suo lavoro al ranch, Williams che gioca, nascondendo quella natura ruvida e cinica che ho visto, e forse chissà quanti altri strati ancora, Joyce che odia metà dell'universo, e forse senza saperlo anche l'altra metà.
E intanto a volte mi manca, o sempre. Il suono del pad nel cuore della notte: "Kraviz, dormi?"
Niente è per sempre.



Posted by Me | alle 11:30 | 0 commenti