Pyramid
New London, Aprile 2495
Il trofeo pesa come un macigno in fondo al braccio sinistro mentre si avvia verso gli spogliatoi, per una doccia prima di tornare a casa.
New London, Aprile 2495
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Xanto, 2506
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Corona, Maggio 2484
Posted by Me | alle 16:32 | 0 commenti
Salvation, Luglio 2515
Sono stata un'idiota, forse non dovevo. Ma è stato tutto così spontaneo, naturale. Forse il sollievo per essere scampata, forse il fatto che sotto quella scorza Shane è... E poi, per la miseria, il corpo ha le sue esigenze.
Erano mesi. E parecchi, da quando l'ho fatto da sobria l'ultima volta. E parliamo di Ren. Era terribile ogni volta, negli ultimi tempi, momenti così belli che finivo regolarmente per piangere. Ogni singola volta.
Stavolta no, niente lacrime, ci siamo divertiti. È stato un gioco, solo un gioco. Sono contenta che abbia capito. Del resto è così anche per lui, quindi...
Forse mi faccio troppi problemi, va bene così.
Posted by Me | alle 15:17 | 0 commenti
Corona, Luglio 2497
Un gruppo di giovani, adolescenti, forse un paio di maggiorenni, ma la maggior parte si aggira sui diciassette anni. Babette è seduta su un dondolo laccato di bianco, lo spacco del costosissimo abito estivo mostra le lunghe gambe abbronzate, elegantemente accavallate, in una posa che la fa apparire una donna. Anche il piglio sicuro e mondano fa la sua parte, mentre risponde al ragazzo che ha appena detto la sua sulla eventuale annessione del Rim.
Ride, poi imposta un sorriso appena accennato "Non è probabile, Lee, è ormai sicura. Del resto come credi che il Core potrebbe assicurarsi i prezzi migliori? È questione di economia, è necessario. Inoltre quella gente ne ha disperatamente bisogno, ti rendi conto che non hanno nemmeno una piscina?" La risata che segue è corale, per la battuta che la ragazza, ma a quanto pare anche i suoi amici, trova estremamente divertente. Edan Dartley no, lui non ride. Lui la guarda, la osserva, in silenzio, con un sorriso abbozzato e lo sguardo attento e distante a un tempo. Sente il suo sguardo addosso ma non si volta, non gli darà quella soddisfazione.
Quel ragazzo non lo capisce. È taciturno, sfuggente. Ha un anno più di lei, ma potrebbero essere mille, per quanto poco riesce a comunicare con lui. Stesso pianeta, stesso ambiente, stesse località per la villeggiatura. Fin da bambini non erano mancate le occasioni condivise. Si parlava del più e del meno. Poco, si parlava poco. O meglio lei parlava, vivace e socialmente divertita come aveva imparato da sua madre, lui rispondeva a monosillabi, salvo che l'argomento non lo coinvolgesse in modo particolare. Ed erano pochi gli argomenti in grado di coinvolgerlo, almeno tra quelli da lei frequentemente trattati. E poi quel modo di guardare, in silenzio, al limite della maleducazione. Si sentiva costantemente sotto esame, in sua presenza, ed era una cosa che non le piaceva affatto.
Posted by Me | alle 12:44 | 0 commenti
Maracay, luglio 2515
C'è un clamore inusuale, perfino per quelle strade di Maracay. Musica altissima, un vociare continuo, scoppi, risate, perfino dei fuochi d'artificio usciti da chissà dove, anche se la maggior parte sono semplici spari. E poi cori, ballate, danze, canzoni popolari, e uno schiamazzo continuo. E sono quasi le cinque del mattino.
Donne, uomini, vecchi, bambini e ragazzi, il quartiere sembra esploso.
Fiona è barricata nella sua stanza, nel profondo del Calavera chiuso e apparentemente addormentato. La luce è spenta. Siede rannicchiata sul letto, i piedi scalzi, ma ancora completamente vestita, le ginocchia strette tra le braccia, gli occhi spalancati fissi sulle fessure della persiana chiusa, guardando da ore il giubilo della città in festa. O meglio guardando il vicolo vuoto, dove di tanto in tanto passano gruppi vocianti ed esultanti.
Che tempismo... Fino a pochi giorni fa ero nel Core, a contrattare armi legali. E ora mi sento un topo in trappola, in attesa che vengano a prendermi per bruciarmi sulla pubblica piazza. Stronzi.
Difatti era appena arrivata, la sera prima, quando ogni mezzo audio aveva preso a riprodurre il discorso della proclamazione dell'indipendenza. Aveva fatto appena in tempo a barricarsi dentro e serrare ogni ingresso.
Chi sa di me? Doña Aleida, ma di lei mi fido. E poi? Mama Lé e suo figlio, quelli del banco di spezie qui davanti, ma non credo mi venderebbero. Altri? Qualche cliente. Si faranno i cazzi loro o verranno a cercarmi?
L'IdN Central... Fino a ieri l'IdN era una diavoleria alleata di nessun valore, ora invece fa testo l'IdN Central... Cosa gliene frega se hai vissuto fuori da Central per metà della tua vita? La metà consapevole peraltro. Se hai rischiato il culo per scarrozzare le loro truppe e i loro rifornimenti, durante la guerra... Allora non facevano tanto gli schizzinosi. Ti controllavano come fossi lì per fotterli in ogni momento, ma gli servivi e andava bene così no? Nemmeno posso andare a cercare le piastrine su New Melbourne.
Ma nemmeno lo farei. Che si fottano. Se vogliono farmi fuori lo facessero, spero che prima o poi si guardino allo specchio e si facciano schifo, sono peggio degli Alleati. Almeno loro non hanno mai vietato a nessuno di mettere piede nei loro territori.
E come avrebbero potuto? Erano loro tutti i territori conosciuti.
Fanculo.
Dovrò trovare il modo di andarmene da qui.
Posted by Me | alle 10:42 | 0 commenti
CapCity, Luglio 2515
È tutto un incubo. Bloccata nel Core a trattare affari con gente che non cederà mai sul proprio tornaconto, mentre Cris è lì, ancora in mano loro. Vogliono curarlo, dice André. Curarlo. Dal loro fottuto piombo, devono curarlo.
È quindi questa la loro guerra? Tutti gli ideali... Sparare addosso a gente che ha rischiato il culo per trovargli le armi necessarie. Gente che si è fidata. Fidata di chi? Di un gruppo di ladri, bastardi, figli di puttana, che dicono di voler difendere il Verse dagli oppressori e sparano addosso ai fratelli per qualche cassa di armi che non hanno le palle di andarsi a procurare da soli. Fottuti vigliacchi.E così se ne va ancora un pezzo do fiducia che ero riuscita a riporre in qualcosa, in qualcuno. Idiota.
Posted by Me | alle 13:57 | 0 commenti
Maracay, Luglio 2515
Si muove appena, nel buio della stanza spartana dove dorme quando è lì a Maracay, al Calavera. Non riesce ancora a prendere sonno. In lontananza, ovattata, la musica di Maracay, quella che non smetterà per gran parte della notte, scivola nel silenzio della stanza, attraverso la finestra aperta. Le braccia dell'uomo la circondano, il suo respiro regolare le sfiora la spalla scoperta dalla canotta che indossa. Si è addormentato. Dopo averla cullata a lungo con le sue carezze, con le sue parole, con quella lingua melodiosa e per lei oscura che è la lingua di Richleaf, si è addormentato, mentre lei resta tesa, vigile, con gli occhi spalancati nel buio, in cui filtra solo una lama di luce ambrata dalla finestra che dà su una delle vie secondarie di San Cristobàl.
Dove saranno? Maledizione dovevano già aver fatto sapere qualcosa, a quest'ora.
Si muove appena, attenta a non svegliarlo, le gambe sfiorano le sue, le lascia lì, almeno fin quando non torna a raggomitolarsi su sé stessa, circondando però quelle braccia che la circondano. Ne accarezza la pelle con la guancia. Ha un odore diverso. Non quello di Ren, che ancora sente come fosse il proprio, se si distrae al punto di pensarci, non quello familiare e carezzevole di André, che pur non ha più sfiorato ormai da molti, molti mesi. È tuttavia un odore gradevole, che respira, impara, memorizza. Ma ancora non riesce a chiudere gli occhi.
Che ore saranno ormai? L'una e mezzo? Le due? Fuck. Stanton lo sapeva che avrebbe dovuto avvisarmi. Qualcosa è andato storto, me lo sento.
L'uomo alle sue spalle si muove appena, poi si gira nel sonno, sciogliendo l'abbraccio nel portarsi supino. Lei resta rannicchiata per un momento, poi lentamente si sposta, torna a cercare il calore della sua pelle, gli si raggomitola addosso. La mano del braccio che ancora la cinge la cerca istintivamente, carezzandole il fianco per un istante, prima di ricadere inerme nel sonno. Dapprima ne guarda il profilo scuro, che si staglia contro la poca luce che filtra dalla finestra. Shane. Gli è grata per essere lì, per non essersene andato. Per aver capito e non averle chiesto nulla. Gli occhi ancora spalancati nel buio si chiudono stretti, mentre posa la fronte contro il suo costato. Ecco uno di quei momenti in cui se sapesse pregare lo farebbe. Ma non sa farlo, non ne è capace. Niente è per sempre. Solo questo le rimbomba nella testa. Niente è per sempre.
Non si accorge nemmeno, qualche minuto dopo, di scivolare in un sonno buio e senza sogni, sottile quanto basta per spezzarsi se il pad dovesse suonare, prima che torni il giorno.
Posted by Me | alle 01:35 | 0 commenti
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