A Long Long Night
Maracay, Luglio 2515
Si muove appena, nel buio della stanza spartana dove dorme quando è lì a Maracay, al Calavera. Non riesce ancora a prendere sonno. In lontananza, ovattata, la musica di Maracay, quella che non smetterà per gran parte della notte, scivola nel silenzio della stanza, attraverso la finestra aperta. Le braccia dell'uomo la circondano, il suo respiro regolare le sfiora la spalla scoperta dalla canotta che indossa. Si è addormentato. Dopo averla cullata a lungo con le sue carezze, con le sue parole, con quella lingua melodiosa e per lei oscura che è la lingua di Richleaf, si è addormentato, mentre lei resta tesa, vigile, con gli occhi spalancati nel buio, in cui filtra solo una lama di luce ambrata dalla finestra che dà su una delle vie secondarie di San Cristobàl.
Dove saranno? Maledizione dovevano già aver fatto sapere qualcosa, a quest'ora.
Si muove appena, attenta a non svegliarlo, le gambe sfiorano le sue, le lascia lì, almeno fin quando non torna a raggomitolarsi su sé stessa, circondando però quelle braccia che la circondano. Ne accarezza la pelle con la guancia. Ha un odore diverso. Non quello di Ren, che ancora sente come fosse il proprio, se si distrae al punto di pensarci, non quello familiare e carezzevole di André, che pur non ha più sfiorato ormai da molti, molti mesi. È tuttavia un odore gradevole, che respira, impara, memorizza. Ma ancora non riesce a chiudere gli occhi.
Che ore saranno ormai? L'una e mezzo? Le due? Fuck. Stanton lo sapeva che avrebbe dovuto avvisarmi. Qualcosa è andato storto, me lo sento.
L'uomo alle sue spalle si muove appena, poi si gira nel sonno, sciogliendo l'abbraccio nel portarsi supino. Lei resta rannicchiata per un momento, poi lentamente si sposta, torna a cercare il calore della sua pelle, gli si raggomitola addosso. La mano del braccio che ancora la cinge la cerca istintivamente, carezzandole il fianco per un istante, prima di ricadere inerme nel sonno. Dapprima ne guarda il profilo scuro, che si staglia contro la poca luce che filtra dalla finestra. Shane. Gli è grata per essere lì, per non essersene andato. Per aver capito e non averle chiesto nulla. Gli occhi ancora spalancati nel buio si chiudono stretti, mentre posa la fronte contro il suo costato. Ecco uno di quei momenti in cui se sapesse pregare lo farebbe. Ma non sa farlo, non ne è capace. Niente è per sempre. Solo questo le rimbomba nella testa. Niente è per sempre.
Non si accorge nemmeno, qualche minuto dopo, di scivolare in un sonno buio e senza sogni, sottile quanto basta per spezzarsi se il pad dovesse suonare, prima che torni il giorno.
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